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Libertà del risorto dal possedere  

Dopo la sua risurrezione, Gesù non era un altro Gesù. Il Gesù storico era lo stesso del Gesù risorto. Per rassicurare su questa fondamentale identità, Gesù si fa toccare, mangia ancora, ancora insegna.

Il Gesù della storia non viene cancellato, neppure rifatto. È lui con “addosso” la risurrezione. Per il nostro futuro di risorti, questo è il modello. Dio, nella sua bontà, ci “perdona” e ci restituisce la bellezza dell'inizio. Il perdono “immediato” di Dio, dopo la nostra morte, è un suo dono, è il rispondere al nostro bisogno esistenziale di viverci “puliti”. Ci riveste dell'abito di prima, ci fa infilare anello e calzari, come narra la parabola del “figlio prodigo”. Dio che ci ha donato l'esistenza, senza che noi la meritassimo o la esigessimo, continua nella sua generosità, elevandoci a sé.

Odo spesso la domanda: “Come sarà dopo?”. Io non ho risposte adeguate. Però guardo Gesù: lui e la mia, la nostra risposta, come è il nostro modello. Modello per sempre. Dove sono io, anche voi sarete.

Alla morte cesserà il nostro “avere”, ma rimarrà il nostro essere. L'essere fatto di intuizioni, di affetti, di gioia, di partecipazione al bello e al santo. La risurrezione non è un “perderci”, ma un “guadagnare” ulteriormente. È importante non rifiutare la risurrezione aggrappandoci all'avere, che dopo la risurrezione svanirà, perché non necessario oltre le barriere del tempo.

Gesù pone in contrasto Dio e il Mammona. Perciò tutti in Dio, noi risorti, saremo totalmente scevri dall'avere. Francesco, nella povertà, ha anticipato la risurrezione.

02.07.16