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Uomini di terra

Immaginiamo la gioia di Gesù, quando prese coscienza di essere la manifestazione di Dio nella sua terra.

La nostra gioia di essere terrestri: venire dalla terra e ritornare, rifatti dallo Spirito, nella terra. Aver avuto coscienza dela nostra grandezza terrena (gloria di Dio!) e ritornare, con la nuova coscienza, in quella terra, dalla quale nacque Gesù e alla quale, Risorto, Gesù ritornò.

La carne è anche un peso; ma è soprattutto l’occasione mirabile per essere illuminati sulla grandezza di essere terra. La nostra carne è il luogo dell’autocoscienza dello Spirito di Dio, comunicato a noi.

Dice la Scrittura: se lo Spirito di Dio si ritira, la creazione si annulla. Ma lo Spirito di Dio non può allontanarsi dalla terra, perché esso è stato incatenato per sempre a Gesù Risorto.

Noi, terreni, vivificati dallo Spirito, comunicato a noi da Gesù, siamo la dimora spiritualizzata di Dio. La chiesa è simbolo e inizio della definitiva presenza di Dio nel suo regno terrestre, che si amalgama con il regno celeste: come in cielo, così in terra.

Uscire dal corpo per trovarsi in Dio, è il desiderio espresso da numerosi santi. Eppure il corpo non può essere abbandonato. Ce lo afferma e mostra Gesù Risorto, che non ha abbandonato il corpo per essere con il Padre. Anzi ha portato il corpo nel Padre. Portato dove? Portato in terra. La scomparsa del corpo dal sepolcro, è solo un’esigenza del corpo che riprende la propria divinità originale. Ma alla fine la cosiddetta “risurrezione dei corpi” non è un andare in esilio, ma scoprire la patria in tutte le sue dimensioni.

GCM 18.01.11, pubblicato 27.03.11