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Beati i poveri

Questa beatitudine, offerta da Gesù al mondo intero e, con particolare intendimento ai suoi discepoli (a noi, se desideriamo diventare cristiani davvero), richiede una sintonia con Gesù, se desideriamo assaporare la serena beatitudine emanata dalla persona di Gesù verso chi brama Lui.

Come per ogni parola del Vangelo, si comincia col sentirci in simpatia con la Parola (ossia col gustarne la bellezza, la verità, l’utilità salvifica). La simpatia crea l’intimità con Gesù-Parola, e, nell’intimità (frutto dello Spirito Santo) si entra nel colloquio, nel vero colloquio, che inizia con l’ascolto: che cosa Gesù mi sta dicendo?

Sappiamo che le Beatitudini non sono un proclama: Gesù non è né ideologo, né filosofo: è il Verbo, Parola che esprime la propria vita e la propria esperienza. Gesù si sentiva beato per il regno dei cieli, in quanto povero autentico, privato volontariamente della sua prerogativa di Dio.

In questa beatitudine, Gesù continua l’attenzione  di Dio verso i poveri, gli schiavi, i derelitti, che è sempre presente in tutto il profetismo dell’Antico Testamento. Ma si oppone anche a certe frange (e non poche!) dei suoi connazionali che si basavano su citazioni bibliche come il salmo 24,13, per esaltare la ricchezza, e proclamare il ricco quale privilegiato da Dio, possessore della terra.

Per assaporare la beatitudine della povertà, è necessario stimarla e sentirne il sapore; infatti essa è una “povertà nello spirito”. Non povertà vista da lontano, ma provata nello spirito

Per noi, oppressi dal consumismo, soffocati dal desiderio di ricchezza, che cosa dice la Beatitudine di Gesù?

Le ansie odierna sono per la ricchezza da aumentare o per la ricchezza perduta. Le nostre, sono”ansie” per la povertà?

GCM 07.11.14