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Perseguitati

Essere beati quando si è perseguitati? Per noi, no. Per Gesù, sì. Lo ha sperimentato, prima di enunciarlo. La serie di beatitudini, ricordata da Matteo, si chiude in modo tragico. È quasi un avvertimento a non pensare che la bellezza delle beatitudini, possa generare un’atmosfera di euforia. Il timbro ultimo delle beatitudini è segnato dalla persecuzione, dalla croce.

È vero che è una croce insita nel vivere umano. Ognuno deve prendere la propria croce. Ma qui si parla di un supplemento di croce, la persecuzione; quel supplemento che è dovuto alla cattiveria o all’ignoranza degli uomini.

Perseguitati a causa della giustizia, ossia della vita in Dio. Gesù fu perseguitato proprio perché era e si proclamava Dio. La vera fede sembra attirare la persecuzione, ogni tipo di persecuzione. Attorno a noi credenti, nasce un’insopportazione contro la nostra fede. Il mondo non sopporta chi crede. Gesù conosceva tale insofferenza e affermava di non pregare per il mondo, ma solo per coloro, che il Padre gli aveva affidato.

Mentre nell’Antico Testamento la persecuzione richiedeva reazione, ora con Gesù essa si apre alla beatitudine. Se appena appena ricordiamo le storie dei giudici o dei Maccabei durante le persecuzioni, ci troviamo quasi spaesati nel percepire il quadro, dentro al quale Gesù incornicia la persecuzione.

Tuttavia non è solo cornice sua: è destino di ogni profeta, ossia di chiunque manifesta la parola e la volontà di Dio. La chiamata alla santità, come si suol dire, è indirizzo alla “giustizia” e ricordo delle continue deviazioni da essa. Queste deviazioni producono sempre un impatto sociale. E questo si esplica nella persecuzione.

03.11.14