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Verità e perdono

Celebrare l’unità, è sempre un passo che conduce al positivo. Eppure, sembra che anche le “supreme” autorità religiose dimentichino totalmente la storia e le sofferte persecuzioni di religiosi, di preti e di Vescovi prodotte prima dal Regno di Sardegna e poi dal Regno d’Italia.

Possibile che si dimentichino, pur perdonando,  la perfide circolari del ministro Miglietti contro l’episcopato italiano, e la risposta dell’episcopato al ministro nel dicembre 1861, a unità d’Italia avvenuta?

Possibile che si dimentichi che un anno dopo l’unità d’Italia il ministro di “Grazia e giustizia” (!) si oppone a che i vescovi si rechino a Roma? O che nel luglio del 1862 il ministro Conforti ordina di processare preti e vescovi nel territorio del Regno d’Italia? O altre chiare persecuzioni?

Una cosa è il perdono e l’adattarsi alle nuove situazioni, come si adattò la Chiesa dopo le invasioni barbariche, altra cosa è magnificare l’avvenimento, privato di senso storico.

Il perdonare è doveroso e nobile, l’applaudire sa tanto di prostituzione, quasi di connivenza.

Non è il caso di ricordare, per vendetta, il male grave subito, ma il dimenticare, tutto nascondendo, è andare contro la verità.

Sempre urge il perdono. Ma per perdonare è prima necessario decifrare bene il male che deve essere perdonato. E dopo il perdono, forse accennato dal Concilio Vaticano Secondo, la concordia e l’abbraccio. Il Concilio ha chiesto perdono, giustamente. Forse doveva anche esigere il perdono, o almeno il riconoscimento della storia dall’altra parte... anche nei testi scolastici di storia.

GCM 20.03.11, pubblicato 05.06.11