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Arrabbiati e stupidi

Odo molte persone, anche fra gli ecclesiatici, che, quando parlano, usano un tono da arrabbiati. Durante il fascismo, nonostante gli “alalà”, il tono della gente era depresso, oggi tende democraticamente alla versione arrabbiata. Basta, per accertarsene, seguire una seduta a Montecitorio.

L’arrabbiatura è evidente segno di malcontento, di frustrazione e di superuominismo.

Ci si arrabbia per il  semplice motivo che il mondo (gli uomini e la natura) non va come deve andare: insomma non è a posto e perfetto, come noi pretendiamo sia perfetto.

Forse chi desidera gli altri perfetti, non s’accorge che pretende gli altri perfetti secondo il proprio canone personale di perfezione. Ma forse non s’accorge di non essere perfetto neppure lui, e che, conseguentemente, la sua visione di perfezione è, per necessità, imperfetta.

Che i grandi di questa terra, padroni dei parlamenti, della finanza, della televisione e di internet, vogliano coltivare una stupidità universale? Un mondo di stupidi rintronati dall’assedio delle loro baggianate, per realizzare il desiderio dell’imperatore romano, che sognava i romani ridotti a un’unica testa per decapitarli più agevolmente? Una riduzione di tutti a un nirvana inconscio, per omogeneizzare gli uomini a una politica informe e belante?

Chi ci salverà? Chi può conservare le nostre vite da questa fiumana fetida? Lo stesso che salvò Noè dal diluvio. Lo stesso che ha inventato il Salvatore, Gesù.

GCM 29.04.11, pubblicato 20.09.11