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Siamo  santi

Perché Israele prima e la chiesa oggi sono qualificati come "popolo santo"?
Che gli Ebrei e i Cristiani non siano perfetti, non è un arcano. Che il peccato sia di casa in loro, è alla base del loro essere "casta meretrix".
Eppure sono "popolo santo".
La soluzione dell'enigma consiste in un aggettivo possessivo: "mio".

Da sempre Dio designa Israele come "mio popolo". Gesù ci qualifica come "mia chiesa", i "miei agnelli", le "mie pecore". Siamo quindi del Padre e di Cristo. Ciò che appartiene a Dio non può essere che divino, perciò santo.
Non siamo santi a causa della nostra bravura o della nostra ascesi. Invece siamo santi grazie alla scelta che Gesù ha fatto di noi.

Siamo santi in radice, per la sua benevolenza, per suo dono. Una santità regalata, perché lo Spirito Santo è disceso sulla chiesa come lingue di fuoco.
Apparteniamo a Dio: ecco la nostra santità.
Siccome siamo liberi, Dio ci affida la sua santità, affinché non ce ne gloriamo e la custodiamo. Con una custodia di vita di fede, di speranza, di carità.      Non dobbiamo "conquistare" il Paradiso, ma conservarlo gelosamente, amorevolmente. Non conquistare, ma conservare.

Conservare il dono di Dio, che ci fa santi.
Conservare il regalo prezioso, pur essendo noi vasi fragili. E intanto confidare sull'aiuto e sulla potenza dello Spirito, che trasforma i deboli in vasi che accolgono Dio, e il Padre si impegna a "conservare quanto è stato deposto, in vista del giorno di Cristo".

GCM 10.01.05