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Fede in me

Il riconoscere che la fede è sopra la religione e la cultura, non è un esaltare la “mia” fede e proclamare la “mia” superiorità. Se mi presento come uomo religioso o uomo di cultura, allora mi sarebbe possibile sistemarmi su una scala di importanza: la mia religione è vera e le altre sono false, la mia cultura occidentale è superiore a quella islamica.

La fede è “mia” fede, solo perché Dio me l’ha trasmessa. Se lui ritira da me il suo Spirito, generatore della fede, io sono un nulla davanti a lui, e per reggermi in piedi non mi resta che ricorrere alla mia religione o alla mia cultura, assolutizzandole mentalmente al posto della fede.

Un assoluto costruito da me, è sempre un bluff, e un misero prodotto molto relativo.

Io non mi sento di togliere la condizione di assolutezza alla fede, poiché essa viene da Dio. La fede è mia esigenza naturale; ma quando essa è investita da Dio, dalla sua Parola, da suo Figlio, allora essa, pur restando mia, non è più soltanto mia, ma dono possesso campo di Dio.

Credendo secondo lo Spirito di Dio, ogni opera che deriva dalla fede e in essa si radica o si inserisce, è elevata in Dio da Dio. La mia contemplazione di Gesù e la mia preghiera più profonda, quella che è chiedere e ricevere, sono talmente pervase dallo Spirito, che non le vivo più io, ma le vive Cristo in me.

Io, consanguineo di Gesù, porto nel mondo la presenza di Gesù, non a causa della mia abilità, ma perché irrorato e incaricato dalla sua grazia. Non ho nulla e posseggo tutto.

GCM 22.08.05