HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2013-01 > Vivente scolpì

Vivente scolpì

È scolpito nelle lapidi cimiteriali: V.P. ossia Vivens Posuit.

Molte lapidi, soprattutto nelle chiese e nei chiostri sono state scolpite, per volontà del defunto, quando questi era ancora vivo. Anche nella mia chiesa fa occhiolino quel V.P.

Come interpretarlo? Ambizione, paura che gli eredi si scordino? Io noto, a mio parere, un barlume di speranza, un guardare al futuro con il desiderio che, neppure in terra, tutto scompaia. Forse è legarsi a quell’idea pagana, che si assicurava di non morire completamente, se si restava nella memoria di chi rimaneva vivo.

Barlume di speranza verso una certa immortalità. Forse una misera speranza da disperati.

La tristezza assale, quando si constata, che proprio nelle chiese del risorto si annida una speranza non di resurrezione, ma di effimera immortalità.

“Non omnis moriar” (non morirò del tutto) dicevano i nostri bisnonni, perché affidavano una parte di sé ai loro scritti, alle loro costruzioni, alle loro leggi.
Desiderio profondo, che collima con quello dell’immortalità, pallida immagine della risurrezione. Poi vennero i barbari, i terremoti, i crolli, e anche quell’illusione di immortalità fu cancellata.

Per noi, credenti in Gesù risorto davvero e per sempre, non è così. Anche per noi esiste il V.P., ma si condensa nell’Eucarestia, che sola ci conserva per la vita eterna. Il nostro “monumento” per l’eternità è Gesù. Perciò aderendo totalmente a lui, quando lui aderisce totalmente a noi, facendosi nostro cibo, noi abbiamo la caparra di Dio. Viventi continueremo a vivere, innestati nella Risurrezione di Gesù.

GCM 04.07.12