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Essere ammirati

Io sono spesso indicato da altri come un tipo che Dio, nella sua misericordia, sopporta, tollera.

Poi m’accorgo che Dio non disprezza ciò che ha creato, come indica la Scrittura. Perciò Dio non riesce a disprezzarmi o a sopportarmi. Ci deve pur essere un motivo per suscitare l’attenzione di Dio. Sì, è vero, lui è Padre e longanime. Però non ama davvero me, se mi ama basandosi solo su se stesso.
L’amore è darsi all’amato, per ciò che lui stesso è.

Dio m’ama perché mi apprezza, apprezza proprio me! Se mi apprezza, mi ammira. Mi ammira davvero, e proprio per ciò che sono.

Ho visto un padre ammirare il suo bambino piccolissimo, il  quale tentava di camminare e ruzzolava. Ammirava con tenerezza quei ruzzoloni, perché erano prodromo di futura deambulazione.

Dio Padre, mi ha fatto capace di ruzzolare, perché vede nelle mie cadute, una fase del mio cammino. E ammira in me la mia capacità e la mia voglia di camminare.

Il Padre non mi sopporta, mi ama. Non mi mette alla prova (non mi fa entrare nella tentazione), ma guarda con tenerezza il mio dimenarmi nella prova, quando questa mi assale.

Quant’è difficile, per chi è stato educato a guardare un Dio grifagno nel giudicare fiscalmente, entrare nella prospettiva che afferma un Dio ammirante, fan della sua creatura!

Eppure questa nuova prospettiva, riempie di serenità e di gioia, l’animo risollevato dalla paura e dalla tristezza. Con l’animo lieto, allora, la bontà mia è di casa e la bontà spinge solo a compiere il bene, sia per riconoscenza, sia per il gusto di aver ritrovato il vero me stesso, e il “Dio vivo e vero”!

GCM 31.01.13