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Inquietudine divina

S. Agostino, il santo che ha segnato la storia e il pensiero cristiani, si presenta sotto due aspetti: il ragionatore e lo sperimentatore.
La scuola di retore l’aveva addestrato a un’intensa attività speculativa, che, dopo la conversione, gli servì per costruire un’alta teologia, che egli sviluppò anche nell’opporsi alle eresie.
Però il lato simpatico di Agostino, quello che ce lo rende vicino, quasi amico, è la sua esperienza umana e cristiana.
È una grazia a noi, chiesa che cerca di vivere il rapporto indicibile con il Padre, seguire le sue esperienze di calore con quel Dio, che l’aveva avvinto e penetrato.

Agostino aveva vissuto l’angoscia esistenziale del suo misconoscimento della via di Dio, quella via che gli era stata proposta dalla madre, cristiana profonda.
Egli aveva cercato di allontanarsi dall’ambiente familiare, pregno di fede. Proprio come in Europa stanno facendo in molti, giovani o adulti. Eppure in lui restava un intimo richiamo. Quel richiamo, che, nel nostro pregare, speriamo non si estingua, non si ammutolisca, in persone, che, come si dice, hanno abbandonato la “pratica religiosa”. Esse non sanno che la nostra preghiera accompagna quel Gesù, che pulsa nel loro cuore. Anche la nostra povera preghiera stimola in loro la nostalgia del Padre.
Agostino, quando errava, era perseguitato anche dalla preghiera di sua madre. Perciò, più tardi, con la luce dello Spirito, poté scrivere: “Ci ha creati per te, Signore; il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in te”.

27.08.19