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Speranza Gesù

Non rare volte si è voluta datare la fine del mondo, se ci sarà.

Anche qualche scrittore cristiano nei primi secoli della Chiesa, arguiva prossima la fine, osservando un peggioramento delle condizioni atmosferiche.

E poi tutti ricordiamo che verso la fine del primo millennio, correva la voce terroristica del “mille e non più mille”.

Qualche decennio addietro, ci hanno pensato i Testimoni di Geova, a datare con sicurezza la fine del mondo, invitando chi si voleva salvare a salire sul Monte Bianco, come se soltanto il Monte Bianco sarebbe stato risparmiato... e così il Monte Bianco si sarebbe messo a navigare nell’universo, che sarebbe stato annientato.

Con chiarezza Gesù, del quale ci fidiamo perché non racconta storie, ha detto che nessuno conosce la fine, nemmeno il Figlio dell’Uomo, ma solo il Padre.

Però, di quale fine Gesù parlava?

Il testo apocalittico di Marco, ricorda la fine di Gerusalemme, dopo la quale Gesù dice che la redenzione è vicina. Sembra quindi che Gesù parlasse della fine di Gerusalemme che sarebbe accaduta una trentina o una quarantina d’anni dopo di lui.

Il contesto della distruzione, di cui parla il Vangelo di Marco, ricorda distruzioni e calamità, sulle quali si erge salvifico il Figlio dell’Uomo. E’ un testo di somma speranza, nonostante riguardi una gravissima calamità. Del resto, tutto il Vangelo è scritto per indurre alla speranza. Soprattutto quando ogni altra speranza svanisce, mentre la forza di Dio è eterna.

Gesù vuole preservare i suoi fratelli dalla disperazione. E’ nello spirito di Gesù che si rinforza la nostra speranza, quando ci troviamo in condizioni precarie o ci troviamo a dover sostenere altri che non vedono salvezza.                                       

GCM 20.11.12