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Risorto vivente

Certe interpolazioni fanno perdere il significato alle parole originali. Come avviene nella messa, quando alle parole di Gesù: “Questo è il mio corpo, che è per voi” si interpone: “Questo è  il mio corpo, sacrificato per voi”. Gesù dona il corpo per restare sempre con noi: è l’eredità, non del suo denaro ma di se stesso, che lascia a noi, affinché godiamo questa sua presenza. Invece se l’Eucarestia si riduce a un semplice “sacrificio”, è vista soltanto sotto l’aspetto di vittima per il nostro peccato.

Non manca, nell’Eucarestia, il  significato di vittima, però questo è ricordato nella santificazione del vino. Il dono di Gesù, risponde all’esigenza di sacrificio, ma possiamo intenderlo come: “Io sono con voi, anche come vittima per i peccati”. Ciò si può desumere dal fatto, come si legge nel Vangelo, che le parole di Gesù sul vino, sono pronunciate prima di uscire per recarsi nell’uliveto. L’Eucarestia è presenza di Gesù con noi, sia come “ricordo” (ossia eredità), sia come “sangue per la nuova alleanza”. Perciò la messa non è solo “sacrificio”, è fondamentalmente “cena del Signore”, il quale si fa riconoscere  “allo spezzare del pane”.

Noi accogliamo il Gesù risorto, che mantiene i segno del sacrificio e dalla morte, ma assunti nella condizione risorta. Dimenticare il sacrificio di Gesù?
Neppure per sogno. Però collocarlo nel contesto di vita risorta. Proprio come fece Gesù durante la sua presenza presso gli Apostoli, dopo la sua risurrezione.

Noi facciamo messa per incontrare Gesù risorto, non per incontrare un cadavere: “E’ risorto, non è qui!” . Messa per essere forti della sua vita, per affrontare con più sicurezza il peccato e la morte.

GCM 16.07.12