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Dio tenero  2

Il Padre tenero ha affidato l’espressione fattiva della propria tenerezza, alla “mansuetudine” di Gesù. E Gesù, creando una chiesa, per restare sempre con noi in questa chiesa, ha affidato l’esercizio della propria tenerezza, lungo il tempo, alla “madre” Chiesa.
Noi, quando siamo autenticamente noi stessi, siamo la tenerezza di Dio nel mondo. Che cosa è quel’”amatevi, come io vi ho amato” se non un “incarico” di tenerezza fraterna?

Perché non pensare ai sacramenti come attuazioni della tenerezza del Padre?
Il Padre che fa nascere, che nutre, che perdona, che rinforza, che attende di abbracciarci durante la nostra agonia.
Nella Chiesa i sacramenti sono come il fasciarci di tenerezza da parte di nostro Padre. Purtroppo talvolta una certa disciplina regolamentatrice sembra allontanarci dai sacramenti, e non attivarci cordialmente ad essi.

Un esempio chiaro è il sacramento della riconciliazione, ossia dell’abbraccio del Padre con un figlio amareggiato: è stato trasformato in un tribunale, che condanna o che assolve, quasi sembra accantonare il Padre in un secondo piano.
Nel Vangelo notiamo la differenza di atteggiamento dei farisei e di Gesù al contatto con i peccatori. “Io non ti condanno. Va’ in pace e non peccare più!”. “Oggi sarai con me nel Paradiso”. “Sono venuto per i  malati, non per i sani”. “Misericordia voglio, non sacrifici”.

Noi, chiesa, come vediamo le censure ecclesiastiche? Segni di tenerezza?
Però, per essere noi la continuazione della mansuetudine di Gesù, forse è opportuno iniziare dalla mansuetudine verso noi stessi.

29.07.19