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Il divino uno

L’attrattiva dell’unità fontale o terminale ha invaso cuore e mente di molti ricercatori nucleari e subnucleari. Il mondo è pervaso da una sola energia, che si manifesta e si articola in miriadi di modi.

Alcuni ricercatori, forse i non più accorti, non si peritano di chiamare Dio, quest’unità nascosta e attiva. Un Dio simile al brahma induista, compiegato dentro la realtà fisica, e presente in quel sotterraneo nucleo nascosto dentro ciascuna realtà.

Forse si tratta del punto omega di Tehllard de Chardin, forse di altra intuizione, di cui ha sete un crescente numero di scienziati, che, d’altro canto, non vogliono o non possono ammettere un Dio, che pur balbettando noi specifichiamo come trascendente.

Eppure tutto tende all’unità. Quest’unità, già da sempre nei salmi è detta “gloria” di Dio. l’unica gloria che si manifesta nell’universo. L’unità presente e arcana, che non è neppure energia subatomica, ma è qualche cosa di non scrutabile né dall’occhio, né dagli strumenti, è il “divinum” (non Deus) nel mondo. E’ l’impronta primordiale dell’atto (non esteso) di Dio nel creare. Fa parte di quel “meno che infinitesimale” che anche Rubbia ammette quando parla dell’inizio del mondo.

Quanto più ci accorgiamo di quell’unità misteriosa, tanto più cui avviciniamo al “nostro principio”, che ha lasciato l’impronta della sua unità e Trinità, anche all’interno del creato, nell’unità della dinamica profonda e del “brodo” iniziale, dal quale “uno” è proceduta ogni realtà, che porta perennemente dentro di sé, il sigillo dell’unità primitiva.

GCM 29.07.05