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Funzionari o amici?

Qualcuno si chiede se il sacerdote cattolico, soprattutto nell'ufficio del confessionale, è un trasmettitore della bontà del Padre, oppure un esecutore del Diritto Canonico. Sono questi due aspetti che talvolta si armonizzano, e altre volte si contrastano.

Quasi sempre dipende dalla coscienza, che il prete ha di se stesso, il suo viversi principalmente sotto l'uno o sotto l'altro aspetto.
     La coscienza di sé, il prete l'acquista nella preghiera, nella lettura del Vangelo, nell'autoanalisi psicologica.

Soprattutto tale coscienza emerge dalla propria esperienza. Chi è stato perdonato, è più proclive a perdonare. E' il destino dell'Apostolo Pietro.
     "Tu, una volta pentito, sostieni i tuoi fratelli".
     Se il sacerdote ha sperimentato l'amore, è inclinato a compiere le proprie azioni nell'amore, per amore.

Spesso il prete vive conflittuata la propria situazione da un lato di funzionario in una società, e dall'altro di libero propagatore della libertà che sgorga dalla Risurrezione. Il prete che si sforza di conoscere e di amare Gesù, risolve questa conflittualità, attraverso la gerarchizzazione: prima e più alta la libertà, dopo e inferiore la funzionarietà. "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia!" Giustizia che sgorga da Dio, dal totalmente amante.

Il funzionario deve obbedire all'amore, e perciò perde le asperità del funzionario, facendo servire (quando servono) le funzioni all'amore.
     Quante leggi dal Medio Evo in poi hanno mortificato l'amore nel prete e in ogni altro cristiano!
     Il prete che si aggrappa all'Eucarestia salva se stesso e aiuta gli altri. Dall'Eucarestia fiorisce l'amore. Purtroppo le curie non donano amore, ma solo leggi. La legge non salva: avvertiva Paolo.

GCM 27.04.04