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Amen

Siamo noi il tempio di Dio, quando ci raduniamo per Dio. Come il tempio di Gerusalemme era il luogo sacramentale della presenza di Jahveh dentro il suo popolo, così noi, radunati, siamo corpo di Gesù e tempio dello Spirito.

Il Concilio Vaticano secondo, quando si esprime sulla Messa, dice chiaramente che Gesù è presente nell'assemblea (termine non bene compreso, anche per la coloritura un po' enfatica), dentro la quale Gesù è presente nella Scrittura e nell'Eucarestia.
Conseguenza: più i segni dello star assieme sono marcati, più l'opera dello Spirito esprime la propria caratteristica.

Allora la Messa non è più un mettersi in direzione di Dio singolarmente, ma un unirci tra noi per formare il tempio dello Spirito. La partecipazione non si esaurisce nel fervore della preghiera individuale, ma si allarga nella gioia della comunione: comunione tra i presenti, per diventare anche comunione con Gesù Eucarestia presente.
Partecipare quindi. Le risposte alle preghiere del coordinatore non sono la finale di un formulario (purtroppo sempre quello), ma l'adesione a un movimento comunitario di comunione. Tutti rispondono, tutti cantano (anche gli stonati), tutti si muovono, perché tutti partecipano alla stessa danza.

C'è una parolina, che di solito viene pronunciata distrattamente: amen. Eppure questa parola non è soltanto un punto fermo e a capo. Essa, se detta con coscienza e con cuore, riveste anche un significato sociale.
Infatti il coordinatore del gruppo, che è tempio dello Spirito Santo, esprime una preghiera parlando al plurale: "noi". L'amen che segue non è solo conferma a quanto è stato espresso, ma anche conferma del "noi". E' gruppo, comunità, tempio che si esprime e attua il suo essere una cosa sola.

GCM 23.09.03