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Trascendenza e santità

Parlare di Dio, è sempre parlare da incompetenti. Solo Gesù era competente a parlare di Dio, perché “io e il Padre siamo un’unica realtà”: cioè il parlare di Dio, in Gesù, era anche semplicemente parlare di se stesso con se stesso.
Il “discorso” su Dio, è adombrato da due parole: “trascendente”, “santo”. Tutte e due sentono che Dio è Altro. Però il trascendente parte dall’esperienza umana. Il santo muove dalla rivelazione di Dio, Rivelazione che è la confidenza di Dio all’uomo, quando Dio cerca di comunicare la propria intimità.

La filosofia, inerpicandosi faticosamente tra i concetti, più o meno metafisici, arriva a dire che Dio è Altro, trascende, è oltre. Nobile sforzo, che non rassicura totalmente, perché pur affermando, non può soddisfare il cuore. Tentativo nobile e freddo purtroppo.
Quando la filosofia si accorge di non raggiungere Dio, ma di tentare soltanto definizioni su Dio, allora, onestamente, cede il passo alla profezia.

Il profeta non parla da sé e del suo. Essa attinge oltre il pensiero umano. Attinge oltre non perché sia arrivata con le proprie capacità, ma perché illuminata da Dio, che si vuol concedere, per amore, all’uomo, affinché l’uomo si conceda a Dio nella fede e nell’amore, perché prima Dio si è concesso nell’amore.
Evidentemente la pienezza della profezia (il parlare spinti da altro), è vissuta in Gesù. Gesù non solamente riferisce dell’Altro (Dio), ma già parlando di se stesso, parla del Padre.

06.07.19