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La gioia della gioia

Le nostre riflessioni teologiche sono dirette a scoprire Dio, o a lodare e ringraziarLo?
La teodicea ha la commovente presunzione di decifrare Dio, la teologia ha la gioia umile del ringraziarLo “per la sua gloria immensa”.
Il ringraziamento è frutto e incitamento alla gioia “creaturale”. Dio, che è amore, ci ha creato per la gioia. La Scrittura, nel suo linguaggio mitico, pone Adam nell’Eden. Lui non sa sfruttare la gioia del presente, cerca di “andare oltre” e si trova a perdere ciò che era e che aveva.

La nostra gioia si trova là, dove Dio l’aveva posta: nel vivere semplicemente vivendo, e sfruttando con il ringraziamento, propriamente e solamente il presente.
La nostra gioia autentica è nell’essere noi, vivi e presenti. Qui si trova la vera gioia, che è quella di accorgerci che siamo viventi e quindi gloria di Dio. Non sarà mai sfruttata totalmente quel “la gloria di Dio è l’uomo vivente”. L’accorgerci davvero che noi, per quanto poveracci, siamo la gloria di Dio, stampata nella creazione, ci riempie di tale gioia, che non si può contenere e sfocia nel tripudio del ringraziamento.

La gioia dell’uomo è soffocata dall’avidità. Adamo è un emblema. Inoltre, se consideriamo la nostra esistenza, ci accorgiamo di aver perduto la gioia, quando ci siamo sottratti alla stessa gioia pura dell’esistere.
C’è in noi un’avidità al “doping”, immaginando di trovare gioia nel piacere, e ci siamo accorti che conseguendo il piacere abbiamo perso la gioia.

07.07.19