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Spiritualità e appartenenza

In una società positivista, consumistica e immersa nel materialismo (non quello scientifico di santa memoria, ma quello reale, ammannito dalla civiltà occidentale), spesso si incontrano persone che cercano spazi di spiritualità.

È diffuso il desiderio di spiritualità. E sono già numerose le agenzie che offrono itinerari e tecniche di spiritualità.

Molte persone abbandonano l’appartenenza alla chiesa cattolica per immergersi in qualche corrente di spiritualità, preferibilmente orientale.

In queste correnti cercano anche la liberazione da un’appartenenza, che per loro è stretta e arida. Desiderano una spiritualità libera dall’appartenenza, una spiritualità sciolta.

Si presente allora il problema della spiritualità nel rapporto con l’appartenenza. O anche della spiritualità con la non appartenenza.

Persino tra i teisti, si incontrano persone che, piò o meno convintamente, affermano di relazionarsi da sole con Dio. (Ci si chiede: Dio accetta di relazionarsi con le persone, scartando il Gesù-Mediatore nella sua chiesa?).

Eppure la spiritualità esige l’appartenenza. È sintomatico il fatto di coloro che abbandonano la chiesa, e fatalmente si incontrano con un guru (o un gurino) che conduce o domina il gruppo degli aderenti. Perfino chi segue una corrente di spiritualità tramite un libro o un sito internet, mentalmente si unisce a coloro che seguono quel libro.

Chi è credente in Gesù, man mano che conosce maggiormente Gesù, e in lui si immerge sempre più profondamente, se tenta di trovare spiritualità alternative al cristianesimo, si trova ad aver incontrato pozzi che non contengono acqua.

19.08.15