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Materialismo

Quando Gesù dice “se uno mi ama, osserva i miei comandamenti”, noi corriamo immantinente con la fantasia a scoprire quali azioni sono da compiere. Il comandamento, per noi, è in stretta relazione con il comportamento.

Agiamo in questo modo, perché siamo occidentali, pratici, tecnici, materialisti. Vediamo le cose, e trascuriamo l’uomo, anche quello che è in noi.

Siamo caduti nel peggiore dei materialismi. Il tanto deprecato materialismo marxista ( ricordato e criticato e criminalizzato proprio da chi gli è affine: i grandi nemici sono i parenti), includeva filoni di autentica spiritualità: la valorizzazione dell’uomo più emarginato, la prospettiva di un futuro migliore, la stimolazione delle rabbie e degli entusiasmi, purtroppo il tutto unito a troppa negatività. Invece il presente materialismo, basato sul consumismo liberista, incatena l’uomo alle cose da consumare, a un presente da godere e sfruttare, senza pensiero del futuro (gli accordi di Tokio sono un piccolo saggio), e rendendo tutto, arte compresa, oggetto di consumo e non stimolo di crescita spirituale.

Perfino l’agire della Chiesa, dal Concilio Tridentino in poi, e prima ancora, ha contribuito ad una progressiva eclissi del Vangelo, mentre crescevano leggi e decreti, e si scrivevano catechismi sempre più appiattiti su teologie ormai stanche. Teologie che si servivano del Vangelo, e che non servivano al Vangelo.

Invece la domanda davanti alla proposta di Gesù è “Come dobbiamo essere?”. Non “Che cosa dobbiamo fare?”.

Le sue parole sono sempre accompagnate dallo Spirito Santo, che è infuso in noi, non come benzina per operare, ma come spirito per trasformare.

GCM 01.05.05