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Il soffrire

Perché Gesù reitera la previsione certa della sua passione e morte? Pietro gli si oppone e Gesù lo taccia da Satana, da impedimento.

Gli apostoli evitano di ritornare sul discorso della passione, e divergono verso l’ambizione del primo e del secondo posto. E quando la passione di Gesù si inizia, essi fuggono.

Gesù invece sa che un’autentica partecipazione alla sua vita, è necessariamente una partecipazione alla sua morte. Partecipare alla sofferenza degli altri è il più alto grado di fraternità e di comunità.

L’attenzione alla sofferenza degli altri umanizza la politica e l’economia, che tendono a favorire i benestanti, a scapito dei sofferenti. Se la cosiddetta democrazia deve essere gestita da tutti, soltanto aiutando i sofferenti si integrano tutti nel corpo sociale.

Gesù, per rendere tutti un corpo solo, li richiama alla realtà della propria passione. E così egli, con tutto se stesso, completa la propria incarnazione, la propria immissione nel cuore dell’umanità.

Se Gesù avesse accettato di far parte dello stato e non si fosse inserito nella società, la sua presenza nel mondo sarebbe rimasta periferica e statica. Il sociale è formato dal cuore vivo delle persone che si radunano, si muovono, fanno cultura. Lo stato è una costruzione politica, che spesso “domina” la società civile.

Nel corso della storia, la Chiesa dei fedeli a Gesù, fino a che è stata anima del sociale, è stata viva. Quando, dopo Costantino, si è alleata allo stato, ha perso lo smalto della “novità continua”, per irrigidirsi in forme sempre più lontane dalla sensibilità della gente, anzi della povera gente.

Gesù ricorda la passione, per risvegliare cuori e democrazia.

GCM 29.09.05