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7. Dramma corale

La sacra rappresentazione non sboccia da un bisogno estetico, né da una riflessione astratta. Essa invece fiorì e fiorisce da una necessità pratica, operativa.

Perciò la sacra rappresentazione si confonde con il dramma sacro (dramma naturalmente è "azione").

Così fu nel Medio Evo, a cominciare già dal lontano sesto secolo. Così fu nella grande tradizione francescana (non solo umbra). Così è oggi la sacra rappresentazione, se viene concepita e partorita viva e vitale dalla matrice lirica e religiosa.

   Dramma: ossia partecipazione operativa. Dramma e movimento che nascono dal cuore dei credenti radunati nella fede, e sfocianti anche in una liturgia.

Il testo "sacro" esige dal proprio intimo a manifestarsi agendo: fattualità, ossia il Verbo rivelato, che prova l'urgenza di farsi carne, movimento, azione.
Inoltre la comunità vibrante unisce le diverse reazioni dei singoli in una coralità di risposta. Dunque, ascolto che si trasforma in azione e coralità.

La parola e il mimo propongono la rivelazione di una realtà che trascende la parola, attraverso una mimesi che a sua volta si trascende verso la parola (come le scarne illustrazioni di Giotto). E poi il coro, voce di popolo, che è stato agitato spiritualmente dalla parola penetrata nel cuore, e si muove non per stimolo demoniaco, ma per impulso di Spirito Santo.

Anche il satana, agitato dalla Parola e dall'opera di Cristo, gridava "Tu sei il Santo di Dio". Ma era un urlo disperato, una reazione guidata dalla superbia.

Reazione diabolica, analoga a quella di chi attua una parvenza di sacra rappresentazione, risospinto da ambizione, da vanità, da estetismo o da accademicità.

La vera risposta proviene dallo Spirito, dopo che il cuore si è lasciato penetrare umilmente e semplicemente dall'annuncio, del Verbo.

GCM. 06.06.02