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13. Noi artigiani

Dire o fare la Sacra Rappresentazione (S.R.)?
"Parlare di" oppure "attuare la" S.R.? Il primo è compito della scuola e dell'Accademia. Il secondo è fatica e godimento del laboratorio artigianale.

Noi della SPERI abbiamo scelto l'attività artigianale.
Inoltre l'artigiano si trova davanti ad un'altra scelta: risuscitare cadaveri, oppure partorire vite nuove? In altre parole: rieditare le S.R. del passato, o crearne di nuove, affrontando il rischio della novità? Noi abbiamo scelto l'avventura della novità.

Quali la prospettiva, l'intento, lo spirito di questa novità, che la SPERI e la VOCE (e speriamo che ad esse si aggiunga il Gruppo Polifonico di Motta) hanno imparato a perseguire in questi anni?
Molte idee in proposito sono state pubblicate nel sito Internet della SPERI, e qualche accenno è riportato nelle due pagine iniziali del copione per la realizzazione del "Buon Samaritano". Alcune di tali idee guida credo opportuno richiamare qui.

  1. La S.R. è una paraliturgia. Tuttavia è paraliturgia soltanto formalmente, perché io condivido le prospettive di K. Rahner sulla liturgia del mondo, e di T. de Chardin su l'offerta dell'universo.
    Paraliturgia è una celebrazione non ufficiale di quello stesso mistero che la liturgia ufficiale cattolica celebra, a partire dalla messa. Anche la messa si articola, nelle sue manifestazioni, in parole, canti, vesti e gesti (molto ridotti presso di noi, a differenza delle messe africane o sudamericane).
    Liturgia e paraliturgia godono della stessa efficacia, perché si compongono non solo di preghiere e gesti umani (come avviene, per esempio, nell'Islam), ma in esse si realizza la presenza di Dio, nella realtà e non nella rievocazione di un mito (come accade presso le religioni etnologiche).

  2. Corre una netta differenza fra teatro e la S.R. (seguo le idee di Mario Apollonio). Di conseguenza noi siamo convinti non di far teatro, non di essere attori, non di entrare in un'atmosfera di finzione e di ricordi, ma eseguiamo una celebrazione di presenza nuova. Quindi non intendiamo deviare né verso lo spettacolo né verso il concerto, mentre ci proponiamo di sentire e di vivere una presenza.

  3. In particolare quest'ultima delle nostre cinque S.R., si basa sul Vangelo. Le parole lette o cantate sono evangeliche, con tutta la carica di grazia che il Vangelo contiene. Infatti il Vangelo letto o ascoltato opportunamente, produce sempre, anche nella S.R., effetti di salvezza, perché veicolo di Spirito Santo.
    Perciò chi annuncia, mima, suona, canta (fosse perfino un delinquente) si trasforma in un autentico profeta, compie un'opera divina, perché è attraversato, purificato e ravvivato dalla Parola, che lo permea.
    Anche chi comunque partecipa non è uno spettatore passivo, ma un collaboratore con lo Spirito Santo.

  4. La liturgia e la paraliturgia sono azioni di tutti i presenti. Nella messa e in ogni altra manifestazione di fede (sacramenti e sacramentali) è l'assemblea che celebra.
    Perciò, nella S.R. di oggi, noi organizzatori della musica, abbiamo voluto inserire un ritornello, che tutta l'assemblea è invitata a cantare: è un segno di partecipazione.

  5. Dentro a tutto quanto ho detto serpeggia uno stile: S. Francesco. Da lui ho preso le mosse, e, in particolare quest'anno, con lui viviamo la semplicità nei gesti e nel canto.
    In fin de' conti, siamo o no francescani che operano in una Chiesa francescana?


Giuseppe Celso Mattellini, ofm conv
Vicenza, 09.10.02