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5. La scelta

Un'associazione, che promuova le sacre rappresentazioni, può rivestire diverse fisionomie. E queste fisionomie possono essere accordate fra loro, ponendole in diversi piani.

  1. Chi intende la sacra rappresentazione, seguendo alcuni schemi accademici (anche discutibili, come ogni realtà umana, eppure validi), quale studio delle attività medievali.
    Costui considera le sacre rappresentazioni quali espressioni del passato, da ricuperare negli archivi ed eventualmente da ripresentare con mezzi moderni (necessariamente). Qui l'anima della sacra rappresentazione non c'è più, e essa diventa uno spettacolo, di solito poco convincente per la vita di fede: quella vita di fede che suscitò la sacra rappresentazione nel Medio Evo, e solo in funzione di essa perdurò e invigorì la sacra rappresentazione.

  2. Chi intende la sacra rappresentazione come uno dei modi di inoltrarsi oggi nella vita di fede, e costruisce attività che nascano fresche, parlino al cuore, siano partecipative, espressive, veritiere (non recitate, appunto). Qui l'anima della sacra rappresentazione è presente e viva, perché corrisponde all'oggi.

Nel primo caso, la sacra rappresentazione fa parte del medievalismo, è curata da un'elite, interessa pochi intenditori, e diventa fiore all'occhiello di alcuni esperti (che Dio non voglia anche di alcuni pretenziosi intellettuali).
Nel secondo caso, la sacra rappresentazione si inserisce nella vita di oggi, esce dalle accademie, interessa il popolo, è per natura sua espressiva, sangue vivo e voce squillante.
Diventa un laboratorio.

Un frate francescano, pur rispettando studi e accademie, opta per l'arte popolare del laboratorio, perché non è esclusivamente interessato all'accademia, ma brama di presentare a tutti la parola di Dio, anche con il mezzo visivo e cantato della sacra rappresentazione. Non teatro o accademia, ma annuncio di paraliturgia. Questa scelta può costare incomprensioni, critiche e proscrizioni, ma è chiara. Tale chiarezza può disturbare qualcuno. Pazienza!

GCM 30.11.02