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12. L'icona partecipata

La sacra rappresentazione è un'icona autentica. Icona nel senso originale del termine, cioè immagine che induce sia l'autore che il contemplante a intuire una realtà più profonda, cui la rappresentazione soltanto accenna.

L'autore dell'icona (rimasto ignoto) opera in un contesto di preghiera. Egli è consapevole di non comporre un'opera d'arte, ma un'opera di pietà, che utilizza l'arte.

Il goditore di un'icona non riesce a entrare in contatto con l'icona, e, attraverso questa, con la pietà dell'autore, se non contempla l'icona entrando in un'atmosfera di pietà, in una comunione con l'autore nel cercare Dio, nascosto e indicato dall'icona.

L'esposizione delle icone nei musei o in una collezione d'arte, fa perdere all'icona l'intima dinamica mistica, per esibire soltanto la superficie, in un contesto, dove l'icona sta soffrendo nel sapersi degradata.

La sacra rappresentazione è un'icona. Non è un'opera d'arte, ma un'opera di spiritualità. Non è esibizione di bellezza paga di se stessa, ma umile ricerca dello spirito di Cristo.

Perciò gli autori della sacra rappresentazione (soggettista, figuranti, lettori, musicisti, coristi, scenografi, ecc.) devono partire dalla preghiera, per indurre alla preghiera; devono contemplare nell'oggetto e nei propri gesti e nella propria voce la presenza dello Spirito di Dio, per stimolare i partecipanti (non meri spettatori) alla stessa contemplazione del divino.

Siamo molto distanti dalla musica delle messe settecentesche.

L'arte, in simile contesto come nell'icona dipinta, nasce non dal colore, dal canto o dal gesto in sé, ma dallo spirito che attraversa il colore il canto e i gesto, e si inserisce nel cuore e nel sentimento di chi partecipa, in qualunque maniera, all'evento sacro. Sotto quest'aspetto la sacra rappresentazione diventa anche un evento culturale, ma non solo culturale.

GCM 04.09.02