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Malinconia

La comunità dei cristiani, in qualunque modo e tempo si raduni, è un gruppo fondato sulla risurrezione di Gesù. si basa sulla risurrezione, mentre attende la certa risurrezione di tutta la chiesa e, quindi, di ciascuno di noi.

È una comunità chiamata alla gioia, e che nella gioia risciacqua ogni giorno la propria esistenza.

La gioia porta sorrisi.

Invece siamo costretti a liturgie smorte e lugubri, nonostante cori, chitarre e organi.

Vedo la gente avvicinarsi all’altare per ricevere il più grande dono possibile e immaginabile: Gesù donato dal Padre, diventato alimento eucaristico, grazie all’attività dello Spirito Santo.

Vedo facce serie, quasi ombrose, che non si illuminano ed esplodono di gioia e non saltano di tripudio nel ricevere un regalo immenso, infinito. Facce dure, un secco "amen" (perché tocca pronunciare, non perché si grida un’esplosione di fede, e via ingrugniti verso il proprio banco, dal quale si spera di alzarsi quanto prima per recarci ai soliti affari o alla solita partita di calcio.

Vedo le facce delle persone dopo che il prete dice frasi come questa: "Con gioia cantiamo un inno di lode", chiudersi in sé, pronunciare il "Santo" a voce bassa e lugubre, senza sorrisi sulle labbra, e magari tacere (sommo smacco per il Padre!) quando altri cantano il "Santo".

Vedo i preti con cipiglio serioso (e non senza fretta) pronunciare formule con tono uguale e inespressivo, chiudersi dentro di sé, non meravigliarsi affatto ogni volta che nelle loro mani avviene il miracolo della presenza di Gesù, incapaci di sorridere e di comunicare gioia per la salvezza realizzata per sé e per gli altri: loro che sono i trasmettitori del "Vangelo", della più esplosiva e sublime novità!

Ma la Messa è propria una sentina di malinconia?

GCM     16.10.02