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Guai pensare a Dio!

Tra i cristiani c'è una riluttanza a pensare a Dio, che pure è Padre, benefattore, amante, misericordioso. La ripugnanza del pensare a Dio, si manifesta nella ripugnanza a parlare di Dio. Se non parliamo di Dio, è evidente che non pensiamo a Dio.
     Una persona amica mi parla del Padre, di Gesù e dei santi, con termini tanto semplici e diretti, come se parlasse di suo fratello o di uno dei familiari. Ha Dio nella bocca, come ce l'ha tra le mani e nel cuore.

Dicono: parlare di Dio è difficile, si può sempre sbagliare. Questo è il frutto dell'aver dimenticato il Vangelo, per riempire la testa di filosofia teologica. Quanta terminologia astrusa è entrata nei nostri catechismi, nelle nostre prediche e perfino nell'insegnamento religioso che ci donano le mamme e le nonne!
     Eppure mamme e nonne sanno che cosa dire ai bambini quando parlano di Dio!
     Esse posseggono termini semplici, esemplificazioni immediate. Perché non pensare che in casa di nostro Padre siamo tutti bambini?

Abbiamo mai scoperto che Gesù e la Madonna parlino teologhese nelle loro apparizioni private?
     Non parliamo di Dio e non pensiamo a Lui, perché siamo convinti che quanto concerne Dio sia un groviglio di concetti astrusi.
     Perché non purificare il nostro discorso di fede dall'inquinamento di certe astruserie teologiche?
     Lasciando ai teologi il loro mestiere difficile, come lasciamo ai chimici la descrizione chimica del pane per poi mangiare semplicemente il pane?

Gesù ha liberato Dio dalla prigione dei concetti rabbinici. Il Padre vi ama, diceva Gesù. Da questa radice di amore, che tutti comprendiamo, può derivare ogni altro semplice pensiero su Dio.

GCM, 04.08.03