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Motivi per vivere


Rammento ancora che cosa mi diceva quel mio vecchio amico. Egli cercava, soprattutto all’inizio della carriera, di comprendere e di seguire i moribondi.
Diceva: “Ho constatato che le persone muoiono, quando non hanno più motivi per vivere”. Mi sovviene di quel novantasettenne che non voleva morire prima che una sua nipote si laureasse. Laureata la nipote, poco dopo morì.

E’ quanto, in modo chiaro e religioso, cantò Simeone, e che ci è riferito dall’evangelista Luca. Dopo aver visto Gesù, desiderio della sua vita, Simeone cantò: “Ora congeda il tuo servo, o Dio, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza!”.

Si muore quando non c’è più motivo di vivere.

I motivi per vivere sorgono dall’interno della persona o dall’esterno.

Quelli che nascono dall’interno, dopo un primo rifiuto, possono essere digeriti e assunti. Il calo delle forze fisiche, l’oscuramento parziale dell’intelletto, il riposo disturbato, la lentezza delle reazioni, insomma l’età e le indisposizioni. Si dice che fino a che c’è vita, c’è speranza. Basta sapersi adattare.

E’ meno sopportabile l’affrontare la sottrazione dei motivi per vivere, che vengono imposti dall’esterno. Il nonno che gode di spendere il proprio tempo con i nipotini, viene “esonerato” per l’avvento di una babysitter, che non lo sopporta. Il pensionato, che continua un’azione di volontariato, capace di renderlo utile, e che viene messo in un angolo, per l’arrivo di giovani, spesso volonterosi e pretenziosi.

Il frate che svolge un’azione benefica, culturale e artistica che si vede bypassare da un superiore, incapace di sviluppare una simile attività e che ha la voglia di farsi vedere.

28.07.14