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Dalla denigrazione alla verità

Spesso la denigrazione del prossimo coincide con la difesa di un nostro operato sbagliato.

È comune la scusa: io bestemmio, perché mia moglie è pettegola, o i miei figli mi fanno arrabbiare. Evidentemente questa scusa rientra nel novero di “scusa non richiesta, accusa manifesta”.

L’incapacità ad ammettere i nostri sbagli, non è agevole eliminarla. Essa fa parte del bastione di difesa della propria persona. Si crede di salvare la propria “onorabilità”, negando i nostri errori.

Purtroppo questo bastione di inutili difese non si allerta per difendersi dagli altri, ma anche per difendersi da se stessi. Se ne fa un’abitudine tanto intensa da crederla la verità assoluta, addirittura la propria struttura psichica.

Tale struttura diventa poi il criterio di riferimento di ogni giudizio: su di sé, sugli altri, e anche su Dio e la sua azione.

Scalfire tale struttura, striata anche da falsità, è un lavoro lungo e duro. Perfino dopo anni di terapia psichica o spirituale, essa rimane. Si intestardisce a rimanere, anche perché, essendo struttura, dona una certa sicurezza.

Su questo groviglio di deviazioni, Dio è in grado di interferire? Questa domanda non è oziosa, né per chi scrive né per chi legge. Infatti esiste un’opposizione a Dio subdola, ma tenace. Perfino corredata da pratiche di preghiera. Soltanto amando il Padre e la Verità, che nasce in Lui e da Lui, possiamo uscire da questo ginepraio. Se ci fidiamo davvero del Vangelo e della Verità perenne in esso contenuta, si apre la speranza di essere da Lui liberati.

29.11.14