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Adorazione

La fede ci indica uno dei modi di adorare Dio: l’insuccesso.

La nullità nostra la si misura non col metro della nostra grandezza. Ogni grandezza umana è creata dalla fantasia malata di orgoglio. E’ l’illusione sbugiardata anche da Remarque nel suo “A ovest niente di nuovo”: gli eroi non esistevano, se non nella fantasia della gente che non combatteva al fronte. I monumenti ai caduti in non pochi casi, erano una pietosa finzione, corredata dalla patina di amor di patria, per chi aveva lasciata la pelle sotto costrizione (coscrizione obbligatoria).

La nostra nullità si misura nel raffronto con la totalità di Dio. Ogni insuccesso smaschera la nostra finitudine. Eppure, se guardiamo il cielo, quando siamo costretti ad ammettere il nostro limite, quello diventa l’inizio della nostra adorazione: Tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo.

Il bisogno di adorare fa parte delle nostre esigenze, è uno stimolo incessante per mantenerci vivi e attivi. Il bambino adora i genitori, che egli stima come l’apice dell’universo. L’adolescente adora o l’attore o lo sportivo, per i quali fa pazzie o entra in isterismo. L’adulto diventa facilmente fanatico per una diva o per un’ideologia...

E’ entrato nel linguaggio quotidiano quell’ “io adoro lo sport”, invece del semplice “io godo per lo sport”.

Si presenta Dio, il naturale oggetto di adorazione, e allora le persone più pure - ossia le più intelligenti - capiscono che la sola persona adorabile è lui. Finalmente il bisogno di adorazione trova l’appagamento, quasi lo sfogo dopo aver invano cercato di adorare oggetti indegni di adorazione.

GCM 06.09.05