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Visione

Gesù è presente a noi, sempre e ovunque. E’ presente ma non lo vediamo: siamo come ciechi. Sappiamo che è presente, sebbene non lo vediamo.

Verrà il giorno in cui la nostra cecità sarà guarita, attraverso un’operazione di alta chirurgia. Come tutte le operazioni, anche questa riuscirà dolorosa. La morte, per noi che crediamo, non è un salto nel buio: ciò avviene per chi non nutre la fede in Gesù e nel suo annuncio.

Per noi la morte è il toglierci le squame dagli occhi, e finalmente vedere ciò che - data la nostra cecità - si presentava invisibile. Antonio di Padova, come narrano i suoi biografi, in procinto di morire esclamò: “Vedo il mio Signore!”.

La morte è il completamento dello svelare. Un primo svelamento è compiuto da Gesù: “Nessuno conosce il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia svelare”. La morte è l’alleata di Gesù per completare lo svelamento. Con Gesù, quindi, la vita del credente è un anticipo del Paradiso, ossia della visione del Padre.

La morte tuttavia è un’operazione chirurgica. Come ogni operazione oculistica, comporta una sofferenza. Perciò il nostro desiderio e la nostra preghiera, per essere sollevati nell’ora della morte. Esser sollevati, quasi aiutati dall’anestesista.

Lo Spirito intervenga per rendere meno dolorosa questa necessaria operazione per vedere la luce.

Con molta o con poca anestesia, quella operazione è indispensabile per ricuperare la vista. “Con la tua luce, noi vedremo la luce”, ci suggerisce il salmista.

Se la morte ci introduce nel chiaro di Dio, essa è davvero un’alleata di Gesù, e una nostra “sorella”, come dice Francesco.

GCM 03.07.05