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Pop-art liturgica

Amen. E con il tuo spirito. Signore, non sono degno (per signori e per signore). Lode a te, o Cristo.
     E giù frasi dette, senza riflessione, con riflessi condizionati, come richiede ogni regolare abitudine.

Se a un prete, intelligentemente edotto nel linguaggio semitico, venisse in mente la peregrina idea di dire "per sempre" invece che "per tutti i secoli dei secoli", la gente resterebbe senza fiato, a bocca aperta, con mezza sillaba incagliata tra i denti, perché non conosce né che cosa significhi "per tutti i secoli dei secoli", né che valore assuma l'"amen".
     Magari entrasse un pizzico di pop-art nella liturgia!
Pop-art: un oggetto di uso comune, banale, messo in evidenza, dentro un campo che lo esalta e talvolta lo nobilita.
     In liturgia: un banale "amen", ripetuto biascicando senza rifletterci su (come il Gloria al Padre della liturgia delle ore, volgarmente detta breviario), metterlo in evidenza, pronunciando tra due pause, con la foga affermativa di dire "anch'io ci sto!" prenderebbe corpo e rilievo, e sarebbe svegliato dalla sua inerzia inespressiva.

Tutto è grazia nella liturgia e nella preghiera. Ogni gesto, ogni idea, ogni parola. E tutto diventa sciatto, ripetuto, monotono, irrilevante, come se Dio non fosse presente, non esistesse!
     Si cade così in una liturgia atea, senza Dio. Non che Dio non operi, ma che noi non percepiamo Dio che opera. L'ateismo infatti non è una realtà concreta, che riguardi Dio. Dio ce la fa a esistere, con o senza ateismo. Siamo atei quando noi non percepiamo e non affermiamo la presenza di Dio!

Un "amen" esangue, anemico, senza convinzione, si perde tra le cianfrusaglie delle cose inutili. Tocca a noi svegliarlo, metterlo in luce, conferirgli il vigore della nostra convinzione, del nostro entusiasmo.

GCM, 23.07.03