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Tremendo giudizio

"Quando alla fine dei tempi - Cristo verrà nella gloria - dal suo tremendo giudizio - ci salvi la grazia divina". Sic!
     Proprio così il breviario indica di pregare durante l'Avvento. Preghiera addirittura imposta come obbligo ad alcune, non poche, persone.

La riforma liturgica, di cui si è molto parlato, ha compiuto alcuni passi: lingua corrente (purtroppo con una traduzione soltanto letterale, non di significato), accorciamento delle ore liturgiche, indicazione talvolta minuziosa di rubriche (per venire amorevolmente incontro alle persone scrupolose, che non sanno procedere senza una linea ben marcata). Manca il più: da un sottofondo precristiano, passare a un'atmosfera autenticamente cristiana.

È davvero cristiano (e come cristiano è in armonia con Gesù, l'Amore di Dio?) il senso della strofa riprodotta più sopra?
     Alla fine dei tempi indica il giudizio universale. Ci sarà davvero questo giudizio nella forma di un tribunale internazionale dell'Aia?
     Cristo viene nella gloria. Gloria ossia divinità, ossia Trinità, ossia infinito Amore. La gloria di Dio è l'uomo che vive, non che si spaventa. Anch'io desidero vedere la gloria di Gesù, questo Gesù che si mostra in tutta l'ampiezza del suo amore e della sua bontà. La splendida bontà di Gesù.
     Poi leggiamo la chicca: il contrasto trinitario! Avevamo sempre creduto che nella Trinità ci fosse armonia, e qui scopriamo che la grazia divina è invitata ad opporsi al tremendo giudizio (povero Gesù come ti hanno conciato!) della seconda Persona della Trinità.

Perché non togliere finalmente dalla liturgia l'orrore del castigo, e quel sottofondo di sadismo ("Dies irae!?") che infetta il nostro pregare? Perché non liberarci dai terrori liturgici (quali influssi anche di Carlo Magno) voluti da una chiesa diventata, lungo la storia, una cristianità sociologica, appoggiata e immischiata nel regno di Cesare, che governa con le armi, con il potere, incapace di palpiti d'amore?

GCM, 16.12.03