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Credere e conoscere  

Riemerge nella mente la frase pronunciata da Pietro e recensita nel Vangelo di Giovanni: “Tu hai parole di vita eterna, e noi credemmo e sappiamo che tu sei il consacrato da Dio”.

L’ordine dei due verbi non è casuale. Il credere è preposto al conoscere. Di solito noi pensiamo che la fede segue la conoscenza. Anche Paolo nota che la fede segue la conoscenza che deriva dall’annuncio.

Eppure la dicitura di Giovanni, pone la fiducia in Gesù a base del conoscere. Ma non necessariamente sempre è così. Gesù richiama la necessità di diventare bambini. Bambini non adolescenti.

Il bambino apprende dai genitori, perché naturalmente si fida di essi. Segue la loro parola e il loro esempio, fino a conformarsi, nelle famiglie davvero tali, al genitore del proprio sesso.

Tommaso si svia da questa logica: “Se non vedo, non credo”. Gesù lo rimprovera, e contrappone alla pretesa di Tommaso il “Beati quelli che, non avendo visto, crederanno”.

Il credere è “stimolato” dallo Spirito di Dio, che ferisce dolcemente il nostro vedere. La vita è base del conoscere. Alla vita “si crede” naturalmente, perché è e noi la sperimentiamo. Così è per la vita di Dio in noi.

La nostra generazione è stata aiutata e inquinata nella ragione. Aiutata dalla razionalità, inquinata dal razionalismo. Con il razionalismo il laicismo; con il laicismo la pretensione; con la pretensione l’infelicità; con l’infelicità l’odio alla vita e la nuova cultura della morte.