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La fede nella fede

Quando la nostra fede in Dio vacilla o si appanna, viene spontaneo ricorrere alla risurrezione di Gesù. Il grido spontaneo, che esce dal cuore, è quello di dire: Non vedo, ma credo, credo, credo.

La fede è fede in ciò che non si vede. Essa è aiutata dalla costatazione storica di Gesù risorto, visto da oltre trecento testimoni, che hanno consegnato la propria testimonianza alla Chiesa per tutti i secoli.

Eppure il credere è opera dello Spirito Santo. Allora, quando la nostra fede si incrina, il primo grido è un’invocazione allo Spirito: “Per piacere, fammi credere!”. È vero che questa preghiera è già un atto di fede. Perciò noi chiediamo nella fede, di aver fede.

Anche la preghiera del padre dell’ammalato era così. Quando infatti Gesù fa notare che certi effetti di guarigione dipendono dalla fede, l’uomo esclama: “Aiuta la mia incredulità”. Si vede che già la richiesta dell’uomo era un atto di fede in Gesù.

Comunque la fede è un dono, come la preghiera è un dono. È un dono nelle nostre mani, che può essere attivato in qualsiasi occasione e in qualunque momento, perché l’opera di Dio nell’uomo è costante. Tocca a noi riconoscerla. Tuttavia il riconoscerla stesso è già fede.

Siamo “costretti” alla fede, in qualsiasi modo ci rivolgiamo a Dio. Una fede, spessissimo, non ravvisata non colta in modo “riflesso”, quasi sentendo di aver fede, mentre la viviamo. È proprio dell’uomo pensare, senza necessariamente avvertire di star pensando.

Il pensiero semplicemente si vive. La fede semplicemente si vive… se lo vogliamo.

 24.09.14