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Gesù ritornato


    Di solito, nel ricordare la morte di Gesù ci si arresta a considerare la dolorosa spettacolarità della sua crocifissione. E la dottrina corrente pone in relazione il “sacrificio della croce” con il pagamento per il riscatto dei peccati. La Scrittura ci offre altre indicazioni, oltre il ricordo sacrificale. Essa guarda avanti, nella dinamica della salvezza.
    Una prima “salvezza” è proprio quella personale di Gesù. Nel Vangelo di Luca leggiamo: “Doveva morire, per entrare nella gloria”. La morte di Gesù è vista come ultima  tappa prima del traguardo della risurrezione, ossia della gloria, acquistata da questo vincitore sulla morte e sugli inferi.

    Accanto alla glorificazione personale di Gesù, il Vangelo di Giovanni pone in bocca allo stesso Gesù, una indicazione, riguardante il suo ritorno. Egli invierà a noi lo Spirito, che convincerà il mondo, riguardo al peccato, alla giustizia e al diritto. Perciò la sua risurrezione, ossia il suo ritorno tra noi, non è un ritorno inerte. La morte e la risurrezione conducono a queste  realtà: peccato, giustizia, condanna.

    La prima riguarda il peccato, che si concreta non nella disonestà o nell'omicidio: queste sono conseguenze del peccato, che si incentra sul non credere a Gesù (e, tramite Gesù, a Dio).

    La seconda riguarda la persona di Gesù: è giustizia (premio, conseguenza, necessità?) il suo inoltrarsi nella gloria del Padre.

    La terza riguarda la condanna dei poteri distorti e malefici, che sottomettono la gente. Poteri mondani, apparentati con i poteri diabolici. Poteri che oggi vediamo incarnati nell’Isis.

    Sì: Gesù doveva morire per entrare nella gloria.

    12.05.15 e 22.11-15