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Confortare Dio

Colpisce con molta mestizia la frase di Gesù: “Quando tornerà il Figlio dell’Uomo troverà ancora fede sulla terra?”. Sembra un Cristo disperato a causa della propria opera tra noi, opera senza successo.

Per grazia di Dio, ci siamo noi, che in un mondo tenebroso restiamo “luce del mondo”, proprio come dice lui. E ci sostiene in questa sicurezza di fede - che resta dentro un mondo sempre più disperato - proprio la preghiera di Gesù: “Ti prego per quelli che crederanno in me“, dopo la sua dipartita. Questo leggiamo nel Vangelo di Giovanni.

Noi siamo quel “resto d‘Israele“ che mantiene la fede sulla terra. Forse proprio noi, che ogni giorno ci alimentiamo con la Parola di Gesù e con il suo corpo.
Proprio così “solleviamo Gesù dalla sua tristezza“. Infatti Gesù nel Getsemani cercava vicinanza, quando “la sua anima“ “era triste da morirne“ Chiedeva vicinanza e preghiera ai tre che erano presenti al suo patire.

Vicinanza e preghiera, come conforto. E non è questo anche la nostra messa quotidiana? Conforto a Gesù, quel Gesù che è la Chiesa, suo corpo. Quindi noi, presenti a Gesù, rechiamo conforto a tutto il suo corpo, iniziando da noi stessi. Perciò la messa quotidiana rende felice quel Gesù nel tempo, che siamo noi.

Dalla messa vissuta, goduta, si esce sempre contenti. Possiamo dire addirittura che la messa ci diverte. Questo concetto da molto tempo lo vivo e lo dico.
Poi m’è occorso di leggere negli scritti, riguardanti S. Giuseppe da Copertino, il confrontare la messa quotidiana con il carnevale. Questo mi ha confortato a causa dell’affinità del sentire.

 E infine, oggi è molto vivo il desiderio di alleviare il Gesù abbandonato.

GCM 16.11.13