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Pratiche e fede 

Sembra che S. Paolo fosse un incoerente, quando si leggono gli Atti degli Apostoli (At 16, 3).

Conosciamo tutti facilmente le frasi molto forti di Paolo contro quegli ebrei, che entrati tra i cristiani, pretendevano che tutti si circoncidessero. Eppure lui fa circoncidere Timoteo a causa dei Giudei residenti in quelle regioni.

E allora?

Però si può notare una distinzione: Paolo si opponeva alla circoncisione come necessaria alla salvezza. L’uno necessario e più che sufficiente è solo Gesù, accolto e vissuto nella fede.

Quando la circoncisione poté essere praticata come “tessera di riconoscimento”, non era che un mezzo per non urtare gli altri.

Ossia: se la circoncisione era reputata necessaria, a scapito dell’opera di Gesù, Paolo la rifiutava e la combatteva. Quando essa era vissuta come un riconoscimento religioso ed etnico, Paolo la ammetteva.

Un po’ come il rosario mariano presso qualche cristiano. Ricordo i tempi del mio seminario, quando ci inculcavano la necessità della recita quotidiana del rosario, per “assicurare” la nostra salvezza.

Ritorniamo al discorso della netta distinzione tra religione e fede. Soltanto la fede è voluta da Gesù per “piacere a Dio”. Le pratiche religiose se sono in armonia con la fede e la confermano, ben vengano. Ma nessuna pratica religiosa, di per sé, santifica o salva.

Purtroppo la fede è scambiata con la pratica religiosa. È noto il detto per indicare la mancanza di fede: “Quella persona non va mai in chiesa”.

09.09.19