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Amore di fratelli

Ci è difficile amare chi si presenta a noi, o alla nostra fantasia, come superiore.

Fin da piccoli i nostri genitori ci hanno abituato a temerli. E quel timore, diventato talvolta anche ribellione, lo abbiamo investito nei riguardi di ogni “autorità” (ossia ciò che noi vediamo aumentato, superiore, rispetto a noi) che abbiamo incontrato nella vita: il capobanda delle nostre scorrerie adolescenziali, gli insegnanti, il prete, il ministro e il papa.

E alla fine siamo caduti nella trappola del “timor di Dio” inteso come terrore di Dio e dei suoi infernali castighi.

E Dio, da canto suo, insisteva attraverso la bellezza e la provvidenzialità della natura che maternamente ci alimenta e attraverso le voci dei profeti, che lui ci ama, che lui è lo sposo di Israele, che lui perdona, che lui...

Per farci comprendere che davvero egli non è il “superiore”, l’Inquisitore, il padre provinciale arcigno, che invece è uno alla nostra pari, inventa addirittura la propria umanizzazione attraverso l’incarnazione di Gesù, il Dio cambiato in uomo.

E Gesù, da canto suo, insisteva: “Voi siete tutti fratelli”, anzi “miei fratelli”. Così toglieva di mezzo a noi i “padri”, i superiori. Solo il Padre è padre, e significativamente “amoroso”.

S.Francesco, sempre sulla scia di Gesù, definiva i responsabili delle comunità, non come “superiori” (titolo del quale in seguito si sono riappropriati!), ma come “servi” (sic: ministri!). Uomini con responsabilità, ma non con autorità. Funzioni diverse nella famiglia, tra i frati, nella Chiesa, nella società, ma uguaglianza fra tutti.

GCM 02.05.06