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Padre!

Luca ci racconta che Gesù stava pregando (cap11,1). Credo che il suo atteggiamento di preghiera abbia tanto attirato l’attenzione e lo stupore dei suoi scolari, che alla fine della sua preghiera gli chiesero: “Signore, insegnaci a pregare!”.

Dissero “a pregare”, non dissero “insegnaci una preghiera”.

Gesù quindi era chiamato a indicare un atteggiamento, non una formula.

Gesù espresse l’atteggiamento tramite alcune frasi, che per noi oggi sembrano ridotte a formula.

Il primo fondamentale atteggiamento di Gesù consiste nella parola iniziale, che colora e ambienta tutta la preghiera: “Padre” (in Matteo: “Padre nostro che sei nei cieli”).

La preghiera cristiana è una preghiera che fa uscire dall’esilio, per ricondurci in patria (pater). Anzi il nostro entrare nella preghiera, è un ritrovarci nella famiglia del padre.

Ogni preghiera è riprendere il nostro posto in famiglia. E’ un risentire l’abbraccio del Padre, perfino se siamo figli prodighi di beni non nostri (sostanza del padre) e dissoluti e affamati. E’ un continuo “tornerò da mio padre”.

Anche quando le frasi di preghiera muoiono in gola (come successe al figliol prodigo), quando non sappiamo che cosa dire, quando siamo aridi, è lui che ci viene incontro, ci abbraccia e fa festa. L’unico atteggiamento necessario, fondamentale, è quel “Padre”.

Preghiera è prima di tutto, e spesso soltanto, un ritorno a casa, al Padre.

Se la nostra preghiera dicesse soltanto “Padre”, sarebbe già completa.

GCM 14.10.06