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Figli per il cielo

Si nota nei genitori cristiani, che pure vogliono educare i figli tenendo presente le esigenze etiche del cristianesimo, una svista importante, che segna incisivamente lo stile del loro modo di educare. Essi infatti, quando procreano, si dimenticano di chiamare alla vita persone radicalmente destinate alla visione di Dio, all’abbraccio con il Padre.

Questi genitori dimenticano il vero e basilare destino del figlio. Ogni uomo e ogni donna viventi, nascono per il Paradiso.

Generando, i genitori non si dicono: “Ecco un nuovo abitante futuro del Paradiso! Noi forniamo un aumento ai molti beati, che vedono Dio. Noi accresciamo la corte gloriosa di Dio!”

Conseguentemente la loro educazione non è un mettersi in umile rispetto di persone con la tessera sicura per la grandezza della vita eterna.

La venerazione verso una persona, figlia di Dio, destinata alla “gloria”, manca nel modo di sentire di genitori e di educatori. Il loro sguardo è, sì e no, attratto dal dovere di educare bravi figli o bravi cittadini sulla terra, ma non guardano oltre: sono ciechi quando devono spingere lo sguardo oltre. Molto oltre: nell’eternità di gioia.

Eternità di gioia. Non solo gioia della creatura che finalmente si immerge nella luce del vedere Dio. Ma anche gioia di Dio, che finalmente abbraccia i suoi “figli diletti”, dopo aver assegnato ai genitori il compito di procurare tali figli.

Non si può dare a Dio solamente la gioia di abbracciare i frutti degli innumerevoli aborti, degli infanticidi, dei morti per fame e per guerre. A Dio dobbiamo offrire adoratori coscienti e felici, come noi che abbiamo vissuto una vita nella fede e nell’amore.

GCM 20.03.06