HOME

Home > Societa' RIPENSARE > Articoli 20 > Contro gli imbonitori

Contro gli imbonitori

Molti secoli or sono, fu scritto:

Dicono: “Per la nostra lingua siamo forti – ci difendiamo con le nostre labbra – chi sarà il nostro padrone?”.

Probabilmente erano i politici di allora. Tante, troppe parole, molta sicurezza nelle proprie affermazioni. Ma quale valore hanno queste parole? Non certamente il valore del “disse e fu fatto” attribuito a Dio e a Gesù.

Sono parole ingannevoli, valide per convogliare molti desideri, molte attese, molte frustrazioni. Più la parola è indefinita, più accoglie anche i desideri più disparati, e spesso contradditori.

Se i discorsi sono vaghi, declamati e fondamentalmente vuoti, allora chi ascolta, se è un debole mentale che pensa con la pancia, si illude che quel parolaio sia capace di risolvere il “suo personale problema”. E di personali problemi si annoverano a milioni. Allora il parolaio, che è solamente capace di parlare, non sarà mai in grado di risolvere nessuno dei milioni di problemi. Intanto chi ascolta si illude.

Gesù, ha sempre evitato la politica, e, con la politica, il parlare a vanvera. Quella volta che vennero per farlo re, scappò. L’altra volta, quella cioè nella quale uno gli propose di intervenire sull’eredità, Gesù si ribellò: “Chi mai mi ha costituito giudice?”.

Proprio perché Gesù non parlava politicamente, ma divinamente al cuore, fu capito dai semplici che non avevano nulla da perdere né da sublimarsi.

Il cuore semplice, quello che desidera semplicemente vivere e salvarsi, era in grado di verità, ossia di vedere Dio.

15.11.16