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Vangelo e Costituzione 

Ci sono espressioni, che pretendono di essere uno slogan efficace e convincente, e spesso si riducono a indicare una posizione ambigua o rinunciataria. Quando qualcuno dice: “Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo”, non s’accorge di ciò che dice, eppure permette di condurre molte riflessioni, evidentemente in colui che ancora è capace di riflettere. Vediamo.
Il giuramento è un chiamare Dio in testimonio. Il Vangelo è “Parola di Dio”: quindi o non vale il giuramento senza Dio, oppure si oppone Dio a Dio (Gesù). Dualismo di vecchia data, con i due principi eterni.
Si oppone Vangelo a Costituzione. Nella lunga storia della Chiesa si opponeva il cristiano a colui che osservava le leggi dello stato, e il cristiano era ucciso. Che forse ci sia oggi una reviviscenza del buon Nerone o del conosciuto (non da tutti per il ribrezzo che fa la storia nelle nostre scuole) Diocleziano, o del recente Signor Stalin? Pur rispettando la statura di chi oggi afferma le stesse cose affermate un giorno da quei “grandi” di allora!
È giusto contrapporre il Vangelo alla Costituzione? Sono situati in due ordini diversi. Chi parla nel Vangelo, assicura che cadranno cieli e terra, ma che le sue parole “durano in eterno”. Le costituzioni hanno un valore effimero, anche trascurabile: proprio in questi giorni, in Italia, si parla di “riforma” (ossia di cambiamento) della Costituzione. Chi giura sul Vangelo, giura sulla roccia (costruisce sulla roccia, dice il Vangelo); chi giura sulla Costituzione costruisce sull’effimero: quell’effimero che prima dice illeciti l’eutanasia, il divorzio, l’aborto, e poi dice approvabili. Così sarà del furto e del latrocinio, si crederanno puri tutti i ladri, anche, per caso, gli amministratori della cosa pubblica.

20.05.16