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Castigo

Poiché Dio ti ha scelto come suo popolo, egli ti castiga: troviamo scritto da Amos profeta.

La riprensione conseguente alla scelta.

Il castigo irrogato a chi è stato scelto. Quindi sarebbe meglio non essere scelti. Ma il non essere scelti è rimanere nel disorientamento: nessuno mi vuole. L’essere voluti corrisponde all’essere orientati verso colui che ci vuole.

Il profeta Amos constata che il popolo di Dio, allontanandosi da Dio, ha perso il proprio orientamento: si rivolge agli idoli, diventa feroce, opprime il povero, si abbandona alla lussuria, che orienta l’uomo verso la meretrice.

Non per nulla i profeti accusano di meretricio gli adoratori di “altri” dei.

Si comprende un po’ che cosa significhi l’essere castigati da Dio: non l’esser puniti, ma l’essere corretti, cioè ricondotti alla “rettitudine”, alla retta via, la “diritta” via che Dante aveva smarrita.

Il castigo di Dio non è principalmente una punizione, ma una correzione. Dio è il pastore d’Israele, che utilizza la verga non per picchiare le pecore, ma per reinstradarle, come agisce ogni bravo pastore.

La riprensione, perciò, è necessaria conseguenza della scelta. So che essere richiamati a riprendere il sentiero, quando ci si era abituati a godere nel prato, non sempre è semplice, talvolta diventa doloroso; ma non per i colpi inferti da Dio, bensì per gli strappi che noi dobbiamo compiere, contro le nostre cattive abitudini.

La voce di Dio è soave, e proprio perciò più imperiosa. La nostra conversione è amara, perciò dolorosa. Ma Dio permette sempre il dolore in vista di una gioia.

GCM 01.07.08