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Santificazione

La nostra ultima malattia (e non solo quella, ma ogni malattia) ci purifica e ci santifica, perché unita alla Passione di Gesù.

Alla fine della malattia, quando la purificazione sarà completata, il Padre ci abbraccerà nella risurrezione.

Accompagnare un malato terminale nel tragitto della sua purificazione è un dono. Dono riservato ai parenti, agli infermieri, ai medici. Costoro sono gli angeli che accompagnano la persona, resa ormai debole, come si accompagna un bambino, incapace di autodominarsi.

Forse i parenti dell’ammalato e i sanitari non s’accorgono della propria presenza sacerdotale: offrire la vittima sull’altare della sofferenza e della purificazione.

Quanto tempi dura la purificazione santificatrice? Solo il Padre lo sa. Perciò la morte naturale è segno di Dio.

Uccidere una persona “perché non soffra” è interrompere il tempo della sua santificazione, è un opporsi al tempo di Dio.

L’eutanasia non è da misurarsi solo con il Rispetto della vita”, ma con la provvidenza di Dio. Essa non è soltanto un delitto contro la vita (e non un diritto sulla vita!), ma un’opposizione a Dio.

Opposizione a Dio, non solo in quanto signore della nostra vita, ma in quanto Padre, che, nel suo amore, stabilisce i tempi e il modo del suo abbraccio con noi.

Non è, quindi, soltanto un “insulto al padrone”, ma, di più, una beffa contro l’amore.

La bugia di “ammazzare per amore” cioè per non far soffrire, è bugia di corta veduta. Del resto ogni bugia ha le gambe corte.

Quando si parla di amore di Dio, si tratta di vero amore.

GCM 13.01.07

Un nome: Padre

Siamo riconoscenti a Gesù per la semplificazione che ci ha regalato nel riempire il termine “Dio”” di un solo significato: “Padre”, addirittura “Papà” , “Babbo”.

Superati i nomi astratti di “Potente”, “Colui che sarà”, “Allah”, Giove o Odino, Siva o Ahura Mazda, ecc. Un solo nome, denso di significato e universale.

Gesù nomina il Padre, quando si rivolge a Dio e ai suoi. Abitudine che è sfuggita dai cristiani, i quali sembrano ammalati di pudore, quando sono per pronunciare la parola “Padre”.

Oppure quanto è accaduto a me, per uno scritto inviato a un mio superiore, dove la parola Padre era vergata. E lui nel leggerla mi canzonò.

Padre. Gesù così indica a sé e a noi: “Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.

Gesù non sempre unisce alla parola “Padre” degli aggettivi qualificativi. Questo era in uso nel suo linguaggio. Egli preferiva indicare le attività del Padre: vi ama, il Padre ricompenserà, il Padre avrà misericordia.

E’ un Padre in azione di Padre, perché egli opera sempre. Noi diremmo che è un Padre, che si dà da fare.
Paolo ci avverte che il Padre abita in una luce inaccessibile, irraggiungibile, eppure è presente in noi, in Gesù.

Dall’unica essenza di Padre, derivano tutte le sue attività: di perdono, di vigilanza, di aiuto. Anche in quanto Padre egli “giudica”. Un riflesso del giudizio di un padre, ci viene dalla parabola del figlio spendaccione, e del Padre in festa, come ricorda il Vangelo di Luca. La condanna coglie chi non si rivolge a lui. Rivolgersi a lui è già garanzia di sicurezza, di perdono, di amore.