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La Bontà castiga

Il Profeta ha assistito alla distruzione di Gerusalemme dall’azione dei Babilonesi. Eppure egli ha il coraggio di dire:” Dio ti ha castigata!”.

Perché attribuire a Dio il male? Giobbe: se abbiamo accettato il bene da parte di Dio, perché non accettiamo anche il male?

Eppure l’Apostolo ci assicura: da Dio non vengono gli stimoli al male. Dio non è l’inventore del male.

Il Profeta scopre la propria esistenza così piena di Dio, che sembra non accorgersi che eventi negativi non vengono da lui. Tutto è nelle mani di Dio.

Anche il male. Il Profeta vede il male come occasione propizia per ravvedersi. E’ un’occasione per ritornare a quel Dio, dal quale ci si era allontanati.

Dio, dice la Scrittura, castiga coloro che ama. Perciò Teresa d’Avila, scherzando, immaginava che Dio sarebbe opportuno amasse un po’ di meno.

Dio desidera che noi, suoi figli, righiamo diritti, nella via da lui costruita, e che si chiama Gesù. Vuole la nostra salvezza, e ci stimola con le buone o con le cattive.

Con le buone ci stimola ogni giorno per amore. Ma, se noi non lo comprendiamo, usa anche le cattive. Ma qui Lui si trova in difficoltà. Nel suo repertorio di Padre infatti, Lui non può possedere le cattive, perché è Bontà senza limiti. Allora, quasi in aiuto inconsapevole a Dio, ecco gli uomini arrivare con le cattive.

A questo punto sorge il profeta e interpreta le cattive umane, come estremo tentativo di Dio, per indirizzare e correggere proprio quel popolo che lui ama e che vuol salvare.

GCM 28.06.08