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Abbracciar la gente

Osservo come è difficile per un “pastore” cattolico, modesto o sommo, entrare a “esercitare” il proprio compito. Sembra che ognuno debba fissare un programma da realizzare con più o meno ottimismo.

L’attivismo è spesso confuso con lo zelo, e diventa la maschera dello zelo. Zelo per che cosa? Per Dio, per la sua casa, per il Diritto canonico?

Dio, che è amore, esprime il proprio zelo, amando e avvicinando gli uomini. Dio si dona all’uomo in Gesù. Non impone se stesso all’uomo, ma si fa uomo: l’incarnazione!

Ai “pastori”, che amano le proprie pecore, è richiesto di abbandonare le proprie idee e i propri progetti, e di abbracciare le persone, la gente.

Pascolare le “sue” pecore: è il compito da Gesù affidato a Pietro. Il più grande di voi (l’auctus, l’autorità) è il più piccolo.

I pastori abitano nell’ovile, non in lussuosi palazzi, che spesso incutono timore alle pecore. E’ passato il tempo dei Vescovi principi e delle corti. Purtroppo rimangono in piedi i palazzi e le strutture materiali e burocratiche, con gli annessi carrierismi.

La sposa di Cristo in mano (solo in  mano?) ai funzionari.

Il Concilio Vaticano Secondo era stato definito “pastorale” da Giovanni XXIII. ossia un aiuto al mondo per camminare verso Gesù e dietro a Gesù. Liberazione, libertà e attraimento.

Poi il gregge, che iniziò un cammino entusiasmante, fu incanalato, perché non si sviasse, dicevano. Si sfocò a poco a poco l’immagine del Pastore, ed emerse quella del caporale. Intanto le pecore, che non si sentivano più pecore ma miliziani, in gran parte scelsero altri ovili.

GCM 16.1.06