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Grazie per la povertà

L'empatia per Dio è un dono, che spesso è stato favorito in chi nasce povero, non ha pretese (tranne quella del vivere, dell'essere lasciati vivere e operare), ed è preparato a scoprire in ogni evento della vita un dono.

Il ricco non conosce la riconoscenza intima per godere dei doni. Chi ha la fortuna di essere nato povero, passa la vita senza cercare nulla di più di quanto aiuta a vivere, lui ed eventualmente la sua famiglia.

Al ricco tutto è dovuto, al povero tutto è dono. L'educazione alla riconoscenza è una qualità che al ricco manca, è un arricchimento del mondo della delicatezza, di cui il ricco è manchevole. Forse anche perciò la ricchezza indurisce il cuore.

I Salmi, che recitiamo, i cantici (capofila il Magnificat) fanno sentire la bellezza della povertà: sbatté giù dai troni i ricchi, sollevò i poveri.

Quando vedo circolare nei conventi i fronzoli di un certo imborghesimento, sto male e offro al Signore il mio grazie per esser nato povero: mi diceva un confratello molto lindo e semplice.

Chi è povero si adatta alle carenze, soprattutto se ha vissuto la povertà in tempo di guerra. Troppo pochi sono quelli che ringraziano per la loro povertà. Però quando essi si scordano di ringraziare, per loro c'è chi dice: “Ti lodo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché le ricchezze del tuo amore e della tua luce, le hai sottratte ai ricchi, e le hai elargite ai piccoli. Questo è il tuo piano!”.

Certamente il povero, nel coricarsi la sera, ha il cuore pieno di riconoscenza per essere arrivato ancora una volta a fine di una giornata (Salmo: in pace mi corico e subito m'addormento). Mentre il ricco s'affligge nel pensiero di come affronterà la battaglia del giorno successivo per arricchirsi di più.

26.04.15