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Parole e fatti

Credette alla parola di Gesù, ed ebbe ciò che chiedeva: Accadde al funzionario di Cafarnao, il quale chiedeva a Gesù la guarigione del figlio.

Dalla parola, accettata con fede, ai fatti. Questo è tutto all’opposto del nostro “fatti, non parole!”. Anche in ciò Gesù capovolge le nostre pretensioni di “persone concrete”!. Questo slogan “fatti, non parole” si addice al nostro comune non fidarci degli altri, se non costatiamo, toccandole con mano, le “cose” che si dicono. Però lo slogan non ha senso per Dio, e, come nel caso specifico, per Gesù.

Non ci ricordiamo che fa parte di un altro sistema, si addice a quel Gesù, che nella Trinità, disse e fu fatto, come leggiamo nel mito della creazione.

“Disse e avvenne!”, “avvenne e poi disse”.

La nostra fede si gioca sulle parole prima che sui fatti. I dubbi sulla fede sono alimentati dalla nostra pretesa di fatti. “Se Dio ci fosse, non avrebbe permesso la nascita dell’ISIS!”. Eppure, quando da bambini eravamo assaliti dalle nostre paure, era sufficiente una parola rassicurante della mamma per rassicurarci. La parola di una povera mamma! E la parola di Dio, di Gesù? È vero: se non ritornerete come bambini, non varcherete la soglia del Regno dei cieli.

Il funzionario del Vangelo, si fidò di Gesù e riprese la strada di casa. Non pretese di costare il fatto, eppure per strada incontrò i servi che gli annunciarono: “Tuo figlio vive!”. Ancora una volta credette alla parola, pur non avendo costato il fatto.

16.03.15